Livorno celebra Giovanni Fattori
pubblicato venerdì 28 novembre 2025
FOCUS MUSEI Livorno – Villa Mimbelli Livorno celebra il bicentenario della nascita di Giovanni Fattori. Una grande mostra nel museo dedicato al Maestro, ricca di eventi collaterali, ripercorre la sua mirabile “rivoluzione in pittura”, nella “Macchia” e non solo, accendendo i riflettori sul genio, l’uomo e il forte legame con la sua città natale. di Silvia Fierabracci, Caporedattore di “Arte a Livorno e oltre confine” Dal 6 settembre 2025 Livorno ha dato il via alla celebrazione dei 200 anni dalla nascita di Giovanni Fattori con una mostra di ampio respiro che rende omaggio non soltanto alla maestria e alla genialità maturata dall’artista nell’arco di tutta la sua carriera, ma anche all’uomo e al significativo rapporto da lui mantenuto con la città dove è nato. Fino all’11 gennaio 2026 l’imponente rassegna, a cura di Vincenzo Farinella, esibisce oltre 200 opere, tra dipinti, disegni e acqueforti. L’allestimento, progettato dall’architetto Luigi Cupellini, si dipana attraverso ben 24 sezioni disposte sui tre piani della splendida Villa Mimbelli, che, sede dal 1994 del museo civico dedicato al Maestro, è stata riaperta dopo un recente intervento alla struttura. Il ricco percorso è reso possibile non soltanto dall’importante nonché cospicuo patrimonio del Comune di Livorno, ma anche da una serie di prestiti di istituzioni e collezioni private, che hanno favorito, tra l’altro, la straordinaria possibilità di poter vedere dipinti di norma non accessibili. L’esposizione già nel titolo “Giovanni Fattori. Una rivoluzione in pittura” manifesta l’ambizione di presentare un'immagine un po' nuova dell’artista livornese, rispetto a quella presente in precedenti mostre o nei libri di storia dell’arte. Del resto Fattori si è sempre sentito fino ai suoi ultimi giorni un uomo del 1848 in quanto avendo visto le sue radici nella grande rivoluzione italiana ed europea del ‘48 ha mantenuto sempre dentro di sé un’anima un po' ribelle, un po' contraria a quella che era anche la forma presa dall'Italia dopo l'Unità. Questo aspetto rivoluzionario è molto evidente anche nella sua pittura e non solo nella parte più conosciuta in quanto maggiore esponente del gruppo Macchiaiolo. D’altro canto egli è stato un artista in perenne trasformazione in grado di mutare continuamente stile con quella singolare capacità che hanno solo i grandi geni dell'arte di essere in perenne metamorfosi. Giovanni Fattori ha mantenuto questa capacità di mettere continuamente in crisi i risultati raggiunti, giungendo nella maturità e soprattutto nella vecchiaia a realizzare una serie di opere originalissime, capaci di mettere in crisi il linguaggio tradizionale, di mettere in crisi anche quegli stessi insegnamenti che lui doveva in qualche modo dare all'Accademia. Ci sono dei quadri di Fattori in cui la prospettiva non è più quella corretta, in cui le proporzioni sembrano sbagliate e ci sono alcuni suoi disegni, tra i più belli della fine dell'Ottocento laddove si percepisce che l’autore stava sperimentando dei mutamenti, delle trasformazioni per mettere in crisi quella tradizione della pittura nella quale si era formato e in cui la sua innovativa espressività aveva avuto origine, semplicemente perché quella adesso andava a poco a poco disgregandosi alla fine dell'Ottocento. Per questo motivo Fattori è stato un modello per tantissimi artisti. Non si tratta solo dei suoi allievi o dei maggiori rappresentati della Scuola Labronica, che, da Renato Natali a Mario Puccini e da Giovanni Bartolena a Gastone Razzaguta, hanno visto in lui ovviamente il maestro per eccellenza. Altri artisti di altre regioni d'Italia o di altre epoche hanno guardato alla sua arte con ammirazione e attenzione. Ad esempio Pellizza da Volpedo quando si trasferisce a Firenze nel 1888 e si iscrive all’Accademia di Belle Arti, lo conosce e vede in lui un punto di riferimento fondamentale. E ancora l’ampiezza e la profondità del suo influsso si possono cogliere in artisti diversissimi, che sono considerati tra i protagonisti assoluti del nostro Novecento da Oscar Ghiglia a Lorenzo Viani, da Amedeo Modigliani a Giorgio Morandi, che nelle sue incisioni paga un tributo fortissimo al maestro livornese. Non a caso, dunque, proprio a questi interessanti dialoghi tra le opere di Fattori e quelle di questi artisti è dedicata l’ultima sala della mostra. Mentre l’apertura dell’affascinate racconto visivo di questa evoluzione artistica di rilievo è affidata al suo più celebre autoritratto del 1894, in cui l’immagine dell’anziano pittore campeggia davanti ai dipinti e ai bozzetti ammassati nello studio. “In quest’opera capitale”, come disse Dario Durbè nel 1953, “egli non solo ha saputo racchiudere con grande giustezza il significato di un’intera esistenza spesa per un ideale alto e gentile, ma ha colto i tratti essenziali del suo tempo, la parabola delle generazioni uscite dalla rivoluzione del 1848. Il patriota, il galantuomo, l’anima appassionata e schiva noi li sentiamo presenti ed esaltati in questo ritratto meravigliosamente privo di retorica, in cui Fattori ha saputo esprimere con commovente semplicità i suoi sentimenti più alti: l’amore per l’uomo e per la vita, la fermezza dei principi e insieme l’ironia sottile di chi può giudicare uomini e cose alla luce di una profonda esperienza umana. Fattori ha lasciato in questo ritratto l’immagine compiuta di sé stesso nel momento più alto della sua attività creatrice”. Da qui in poi l’avvincente selezione di opere segue un ordine strettamente cronologico perché secondo il Prof. Vincenzo Farinella, oggi a questo schema tradizionale, soprattutto per i pittori dell’Otto – Novecento, si tende a preferire quello tematico, ma con Giovanni Fattori quest’ultimo non può funzionare in quanto egli è un artista che cambia, che si trasforma, che va seguito di passo in passo. Bisogna partire dalla sua giovinezza, vederlo quando è ancora un pittore di medio livello, quando non promette nulla fino a quando improvvisamente sboccia per divenire un Maestro straordinario. Naturalmente dopo bisogna seguirne tutte le trasformazioni causate dal contesto, dagli artisti che incrocia, dalle cose che hanno influenza sulla sua vita. Ecco questo andamento cronologico è più complicato ovviamente per una mostra, perché ci vogliono tutte le opere giuste, o la maggior parte di quelle giuste per raccontare questa storia. Bisogna in qualche modo quindi costruire un racconto che segua la vita e le trasformazioni culturali del pittore. Rispetto alle precedenti mostre, tra le più significative sul pittore, questa mostra livornese è molto differente, nel senso che questa è stata costruita secondo questo percorso biografico-cronologico, che prima non si era mai tentato in modo così preciso, serrato. Non fu cosi nelle grandi mostre tenute sempre a Villa Mimbelli in precedenza, né in “Giovanni Fattori tra epopea e il vero” curata da Andrea Baboni nel centenario della morte del Maestro né in “Giovanni Fattori. Mostra antologica.” del 1999, a cura di Andrea Baboni e Giorgio Cortenova in collaborazione con Palazzo Forti di Verona. Non si ritrova questo schema neppure quando ci furono le storiche mostre di Dario Durbé sulla giovinezza del Fattori e neanche nella grande mostra su Giovanni Fattori a Firenze e a Milano del 1987/’88, intitolata "Giovanni Fattori. Dipinti 1854-1906" anche se nei confronti di quest’ultima vi si può trovare in qualche maniera un ricordo. E ancora perfino la recentissima mostra “Il Genio dei Macchiaioli” a cura di Fernando Mazzocca, Giorgio Marini ed Elisabetta Matteucci tenuta a Piacenza dal 29 Marzo al 29 Giugno 2025 presso il Centro per le arti contemporanee XNL differisce da quella livornese proprio per la costruzione, nonostante vi sia tra le due una relazione. Infatti alcune opere che erano a Piacenza sono anche a Livorno, ma si tratta di un numero assai contenuto rispetto al complessivo. Inoltre l’armonia tra i curatori dei due progetti ha favorito una circuitazione di considerazioni e di approfondimenti in entrambi i sostanziosi e accurati cataloghi delle mostre editi da Dario Cimorelli Editore con un saggio di Vincenzo Farinella su “Giovanni Fattori (1825 – 1908). Il ‘genio’ dei Macchiaioli” ed uno di Giorgio Marini su “Giovanni Fattori. Una rivoluzione in pittura”, laddove vi è altresì un’introduzione di Elisabetta Matteucci, Presidente dell’Istituto Matteucci di Viareggio, che ha collaborato all’evento livornese. Ciò premesso il percorso che anima questa singolare visione d’insieme dello sviluppo dell’opera di Fattori spazia, si può quasi dire frame by frame, dal primo dipinto conosciuto del pittore ossia “L’ex voto (per una caduta da cavallo in via Augusto Ferdinando presso la Chiesa di San Giuseppe di Livorno)” proveniente dal Santuario di Santa Maria delle Grazie di Montenero eseguito all’incirca nel 1848 per giungere fino a “Capanno e cavallo in riva al mare (Ultime Pennellate) del 1908 della collezione del Museo Fattori. E se il primo, pur non essendo ovviamente un capolavoro, si rivela chiaramente commovente nella narrazione di un episodio della cronaca di Livorno, l’altro, nel quale il pittore torna ad uno dei suoi temi più cari ovvero la rappresentazione del paesaggio animato dalla presenza di animali, non è finito e secondo Giovanni Malesci, allievo ed erede universale di Fattori, scomparso nel 1969, è l’ultimo dipinto realizzato dall’artista pochi mesi prima della sua morte. Tra le opere di Fattori giovane spicca “La lezione di lettura in giardino” del 1853 circa, che al di là del tema ancora abbastanza romantico, mostra già nello sfondo un’attenzione alla realtà del mondo naturale. Successivamente nel 1862 “Carica di Cavalleria a Montebello” sancisce non solo un cambiamento nella mente dell’artista, ma anche un mutamento fondamentale nella pittura italiana: l’abbandono dei temi del romanticismo per cominciare a dipingere la storia contemporanea. L’olio su tela di grandi dimensioni rappresenta un episodio della battaglia chiave della II Guerra d’Indipendenza svoltasi il 20 maggio 1859 a Montebello (Pavia), in cui l’esercito franco-piemontese aveva sconfitto quello austriaco, e in particolare la carica del Reggimento “Cavalleggeri di Monferrato”, di cui Fattori fissa l’apice, la fase più tumultuosa dello scontro. Il quadro fu eseguito per sottoscrizione pubblica dei livornesi ed entrò a far parte in seguito della collezione della Pinacoteca civica. Fu restaurato da Piero Ungheretti tra il 1994 – ’99, rimuovendo lo spesso strato di vernice grigia con cui Fattori aveva coperto l’abbozzo di un dipinto per riutilizzare la tela dall’altra parte. Nell’Antologica del 1999 l’opera, fu già collocata nella Sala degli Specchi di Villa Mimbelli su un telaio metallico per poterne ammirare entrambi i lati, seppur con un alone di mistero su quello che indagini successive hanno rivelato essere un quadro di Fattori del romanticismo storico ascrivibile al 1857-59 ovvero “Clarice Strozzi intima a Ippolito e Alessandro dei Medici di partire da Firenze”. Questo adesso, è collocato con un nuovo allestimento in una sala a piano terra dove può essere meglio apprezzato in confronto con la “Carica di Cavalleria a Montebello”, esposta insieme ai suoi disegni preparatori come “L’assalto della Madonna della Scoperta” (1868). Del resto Fattori ha sempre creduto nel disegno, per lui l’arte nasce disegnando per prima cosa e il museo livornese vanta una raccolta di 260 disegni del Maestro. Tra gli altri non manca neppure il tema letterario da lui affrontato e qui documentato dal “Don Chisciotte e Sancho Panza” (1875/76) proveniente dalla Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma. La proposta espositiva di “Giovanni Fattori. Una rivoluzione in pittura” è ampliata da tutta una serie di iniziative collaterali del programma “W Fattori”, che offre un ricco calendario di visite guidate a tema, incontri pensati per tutte le età, perfino per i più piccoli, concerti, workshop e le conferenze di approfondimento dei “mercoledì fattoriani” supervisionate dal Prof. Farinella. E ancora l'esposizione “Segni segreti. La pittura di Fattori agli infrarossi” ai Granai di Villa Mimbelli dal 30 ottobre 2025 fino all'11 gennaio 2026 presenta una sezione dedicata ai risultati delle recenti indagini diagnostiche condotte su circa venti dipinti di Giovanni Fattori, che ne rivelano aspetti nascosti e inediti, mentre "Parole dipinte. Le lettere di Fattori tra arte e vita", ospitata dal 4 ottobre 2025 al 31 gennaio 2026 alla Biblioteca Labronica “F. D. Guerrazzi” di Villa Fabbricotti, propone una preziosa selezione di lettere autografe, documenti, pubblicazioni a stampa e riproduzioni di opere che ripercorrono le principali tappe della sua carriera. Infine il volume “I luoghi di Giovanni Fattori a Livorno”, curato da Jacopo Suggi, accompagna un progetto di cartellonistica culturale e turistica che identifica e valorizza, attraverso appositi pannelli informativi, i luoghi più significativi della vita e dell’opera di Fattori nel cuore di Livorno. Insomma con una visione a tuttotondo sull’artista finalmente Livorno dimostra quanto Giovanni Fattori sia non soltanto uno dei più grandi pittori e acquafortisti del secondo ottocento italiano, ma anche quanto sia un pittore di caratura europea, che può essere messo a confronto senza timore con i grandi Maestri d'oltralpe, perfino con i francesi, perché Giovanni Fattori è stato davvero un grandissimo artista. E questa mostra - evento, al di là della celebrazione del bicentenario della sua nascita, forse può essere davvero un primo passo per ricollocarlo nella sua vera posizione. © Riproduzione riservata
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