FRANCESCO PAZIENTE



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“Francesco Paziente, nato a Palermo nel 1945, di professione dirigente scolastico, ha iniziato la propria attività artistica a Treviso nel 1971. Nel 1989 si trasferisce a Livorno dove tuttora vive ed opera.
[…] Il colore rappresenta per lui lo strumento più idoneo a consentire il rassicurante ancoraggio dei soggetti al contesto reale; colori forti , solari, carichi di materia dai quali si sprigionano i sapori e gli odori della sua isola : un mondo di memorie, amato e forse odiato insieme, che non ammette il compromesso dei mezzi toni, ma che impone coraggiose scelte esistenziali.
L’impaginazione dello spazio scenico, volutamente ridotta all’essenziale, esalta la presenza dell’uomo e i grandi spazi che lo circondano, spesso marcatamente monocromatici, ci rinviano a situazioni emblematiche nelle quali l’uomo si ritrova e a volte si smarrisce.
Citazioni surrealiste rendono ancor più enigmatica la presenza umana che non è mai un banale atto formale ma la pudica aspirazione a comunicare drammaticamente gli affetti, i sentimenti, le ansie, le passioni.
Ne scaturiscono figure fuori dal tempo, volti senza nome, quasi maschere di cera sospese tra cielo e terra.
Talvolta la linea dell’orizzonte sembra estendersi dritta verso l’infinito, ma poi, inesorabilmente si flette su se stessa per preannunciare il baratro: forse nell’intento di venire in soccorso all’uomo , forse per metterlo in guardia dalle insidie della vita o forse perché solo sull’orlo di quel baratro l’uomo potrà riuscire a ritrovare se stesso.
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Ma in alcune delle opere più recenti, l’uomo non si pone più come l’unico ed indiscusso fulcro dello spazio pittorico: decide invece autonomamente di defilarsi e, in veste di semplice spettatore, di consentire ad altre misteriose presenze di interpretare il ruolo di protagonista.
[…] Così Paziente, mosso da quell’innata riservatezza e da quella non comune sensibilità, che lo contraddistinguono, rifiuta la precarietà dell’esteriore per approdare verso profonde indagini introspettive che aiutano a trasformare in esseri viventi anche strani oggetti etimologicamente ispirati alla realtà o molto più spesso generati dalla sua inesauribile fantasia.
Si tratta di presenze talvolta primordiali, di inquietanti stilemi dalla inconfondibile connotazione grafico-pittorica che lasciano volutamente allo spettatore ampi margini interpretativi sulla loro derivazione genetica e soprattutto sul loro ruolo e sul loro significato. […]
Ma è nella grafica che, a mio avviso, Paziente riesce a raggiungere i massimi livelli di libertà espressiva poiché dimostra di saper mettere sapientemente a frutto quello straordinario processo di sintesi rappresentativa che contraddistingue quest’ultima tipologia di opere”.

Vincenzo Greco


“[…] La visione di Francesco Paziente è prevalentemente una visione mentale, robustamente filtrata dal sentimento, dal vissuto, dall’intimo. I cromatismi essenziali ed il segno deciso permettono di sintetizzare situazioni, volti, realtà, complesse in un'immagine particolarmente efficace, coerente e diretta”.

Giorgio Bagni


“La pittura di Francesco Paziente si misura su visioni direttamente osservate nei volti amici, tra le mura domestiche, nei luoghi consueti, nei paesaggi della sua terra natale che riemerge in sintesi simboliche e costituisce temi vicini alla sua colta sensibilità. Intensi appaiono i ritratti, il cui primitivismo figurativo conduce ad un’unica matrice, come inizio di un lungo ed assiduo percorso che apre l'indagine e funge de coerente confronto con il reale, frutto di affetti umani. […]”.

Francesca Cursi


“Nel panorama artistico odierno, caratterizzato da un bipolarismo estremo tra razionale ed irrazionale, Paziente opera e segue una via di mezzo tra coscienza ed inconscio onirico. Nei suoi quadri i personaggi dell’eterna commedia umana interagiscono ieratici su fondali e scenografie silenti, come in un sogno […]”.

Marinella Volpi


“Figure distaccate, seppur vicine e con un sentito disagio di stare insieme, sono spesso visibili in sfondi che accentuano il dettato espressionista. Così, quei tagli incisivi a metà immagine condizionano la lettura mentre le curvature inattese nei piccoli eventi grafici suggeriscono una ricomposizione raggiungibile solo attraverso l’immaginazione. […] ”.

Paolo Pasquinelli


 
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